Sommario
Questo breve elaborato prende in esame la figura dell’avatar, creatura ormai matura nel cyberspazio e nel mondo del web 2.0, attraverso l’analisi di un blog e, in linee generali, attraverso tutto ciò che riguarda la realtà virtuale. Ormai è impossibile non considerare la nuova nascita della società in rete (Castells 2008).
Introduzione
Nell’ormai lontano 1992 usciva il film Il Tagliaerbe (The Lawnmower Man di Brett Leonard. Con Pierce Brosnan e Jeff Fahey), primo thriller futuristico sulla realtà virtuale. L’immaginario umano veniva fatto scontrare con l’informatica per creare una realtà assurda e allora percepita come terrificante. Per la prima volta, in questa trasposizione cinematografica, abbiamo la creazione di un avatar utilizzato per dare all’uomo la possibilità di muoversi in un'altra dimensione. L’ossessione del medico Lawrence (Brosnan) da origine ad un mondo artificiale senza confini, utilizzato per rendere illimitata l’intelligenza di Jobe Smith (Fahey), un semplice
giardiniere che si ritroverà ad avere possibilità immense e potenzialità incredibili. In questo film l’avatar permette all’uomo di interagire completamente con il cyberspazio, creando addirittura una nuova e totale identità del personaggio. Questo complesso processo porta alla creazione di un nuovo sé, offre la possibilità di indossare i più svariati vestiti, in un nuovo mondo, quello virtuale. Nella società post moderna, con l’avvento del web 2.0, esistono moltissime realtà in cui un individuo può alterare il proprio io costruendosi un avatar: Facebook, Second Life, MUD (Multi User Dangeons, giochi di ruolo), Chat, Blog e tantissime altre realtà virtuali; ognuna di queste offre la possibilità di indossare una maschera, di essere invisibili, di scambiare immagini, video e parole, infine di attuare una comunicazione in toto. Attraverso le realtà virtuali si arriva a modificare il proprio io personale, si può passare da un identità all’altra, da un avatar all’altro.
Avatar: passato, presente, futuro
Il termine avatar deriva da avatara, parola sanscrita che significa reincarnazione in riferimento a una divinità. L’induismo considera l’avatar la presa di possesso di Dio di un corpo umano materiale. L’uso della parola avatar, secondo questa accezione, risale al 1985 e viene utilizzata da Chip Morningstar e Giuseppe Romero nella progettazione del gioco di ruolo Habitat. Questo termine/parola, avatar/incarnare, per il cyberspazio è stata coniata da Neal Stephenson nel 1992, nel romanzo Snow Crash. Fra le credenze diffuse nella sottocultura della New Age vi è anche quella secondo cui anche Gesù sarebbe un avatar (fonte Wikipedia). Un avatar virtuale è un manichino su cui il nostro inconscio può riversare pulsioni represse e desideri inespressi (Turkle 1997). Questa interazione con uno spazio sconfinato permette agli internauti di modificare il proprio sé, di esprimere i propri desideri e di sfogare la propria identità repressa. La possibilità di una reincarnazione in un mondo ormai senza regole affascina l’essere umano che si ritrova a identificarsi in qualunque ruolo e, dopo il teatro della vita quotidiana, recita in un nuovo teatro; il cyberspazio, dove ognuno si cela dietro una maschera che può rappresentare anche il suo io reale. Un avatar reale si identifica in base al nickname o a un’immagine, oppure attraverso qualcosa che richiama la vita di tutti i giorni. Non esistono
identità fisse nella vita reale, tantomeno nella realtà virtuale. Analizzando un blog, ad esempio "Dizionario delle parole fraintese", notiamo che la blogger (Martina) utilizza un avatar reale, essendo il blog una specie di diario nel quale vengono pubblicate, oltre a immagini personali, una serie di articoli da cui si può evincere il pensiero dell’autore, la sua occupazione, il suo nome e quasi tutte le notizie riguardanti il suo ego personale. L’avatar in questo caso non rappresenta alter ego forti.
Come riusciamo a distinguere l’ Io reale dall’avatar?
In realtà non ci è dato di sapere chi o che cosa si celi realmente dietro un avatar. Ci si può identificare in un medico, in uno sportivo, si possono pubblicare delle foto che non appartengono alla nostra realtà, scrivere cose delle quali si pensa il contrario e raccontare storie totalmente inventate. In effetti diventiamo veri e propri detective del web che effettuano incessanti indagini per cercare di capire chi si nasconda dietro quel profilo, quel blog, o nel cyberspazio. La realtà virtuale che funge da medium, con i suoi ipertesti permette all’internauta di porsi in comunicazione diretta e immediata con qualunque cosa o qualunque realtà, senza passare per le tappe intermedie; il cyberspazio aumenta i confini dell’individuo e allo stesso tempo li restringe, come una fisarmonica, per cui il cibernauta si trova a dover curare uno spazio infinito dove si rispecchia il suo alter ego immaginario o non, e ingloba all’interno della sua mente una serie di notizie, diventando un mass media in persona. Mentre per S. Turkle questa reincarnazione viene vista come una sperimentazione del proprio self e un arricchimento della propria identità personale, per M. Willson costruire delle relazioni nel
cyberspazio simulando le relazioni reali, porta alla distruzione della personalità e all’incapacità di decidere quale sia il bene comune e la condotta migliore per l’individuo che si cela dietro il proprio avatar.
Questo pantomimo da “the Truman show”
La nascita della società in rete, il celarsi dietro qualcuno o qualcosa, porta a una metamorfosi che può determinare un deterioramento dei media. Prendendo in esame i giornali e la televisione, ormai dietro ogni situazione, dietro ogni notizia si può celare un avatar. Oggi è molto facile creare un articolo di giornale dove si parla dell’arresto di Riccardo Lai, con foto e riferimenti personali e caricarlo, tramite dei contatti, su Facebook. Le persone che leggeranno l’articolo sapranno che Riccardo Lai è stato arrestato perché spacciatore (questo è l’avatar), quando magari è a casa che scrive un testo per l’esame universitario di psicologia sociale.

L’avatar possiede un ego polytropos, che gli consente di diventare tutto ciò che desidera essere ma non è.
Conclusioni
L’elaborato si chiude come è iniziato, con un riferimento cinematografico. Il film è di Moretti: Aprile. Moretti mentre dorme sogna una parte del film Strange Days di Kathrin Bigelow che ha visto quello stesso giorno con la moglie in dolce attesa, rammaricandosi di averlo fatto vedere/non vedere al figlio, non essendo ancora nato: - Hai mai jackato? Hai mai zigoviaggiato? No mai, ahm un cervello vergine ti faremo cominciare bene sei proprio sicuro che vuoi essere collegato? Si, si lo voglio-. Svegliato dall’ incubo Moretti, fa colazione: - La vedi quella filippina superdotata laggiù e lo vedi quello li che balla con lei? Ti piacerebbe essere lui per venti minuti? I venti minuti giusti? Io lo posso fare accadere senza nemmeno farti macchiare la fede nuziale. E’ colpa mia ho portato mio figlio a vedere questa cazzata memorabile, questi film poi influenzano i bambini, influiscono sul carattere …