Salvatore Mereu torna alla ribalta con il suo ultimo film Sonetàula. Nato nel 1965 a Dorgali, in provincia di Nuoro, il regista sardo ha sceneggiato e diretto tre cortometraggi: "Miguel" (1999), "Prima della fucilazione" (1997), "Notte rumena" (1996) e due lungometraggi: "Ballo a tre passi" (2003), vincitore della settimana della critica al festival di Venezia e del David di Donatello per la Migliore opera prima e "Sonetàula" (2008) ultimo suo lavoro, tratto dall'omonimo romanzo di Giuseppe Fiori, presentato nella sezione Panorama al festival di Berlino. Le vicende che narrano in maniera neorealista la situazione in Sardegna dal 1930 al 1950 vedono come protagonista Sonetàula un ragazzo che vive nell' entroterra sardo, dimenticato da dio direbbero Ciprì e Maresco, in miseria come il resto del paese che vede la vita sconvolta dopo l'arresto e la condanna al confino del padre, per un delitto mai commesso. Cresciuto dal nonno e da zio Giobatta, Sonetàula a diciotto anni farà la scelta che segnerà per sempre la sua vita, diventare bandito.
Salvatore Mereu, dopo "Ballo a tre passi", "Sonetaula". Cosa ti ha spinto a portare nuovamente la Sardegna sul grande schermo?
Ma intanto io sono sardo, sono nato e cresciuto in Sardegna continuo a vivere qua e in genere bisogna sempre parlare di cose che si conoscono è questa e la mia ragione di fondo. Mi è piaciuto molto il romanzo di Fiori che avevo letto proprio mente montavo ballo a tre passi e ho deciso di portarlo sullo schermo. Inoltre ho sentito l' esigenza di voler raccontare la nostra terra che è sempre stata raccontata abbastanza poco. Mi ha colpito particolarmente l' espressione di questo ragazzo che non riesce a vivere la sua vita perché tutta una serie di episodi gli impediscono di viverla sino in fondo e questo mi sembra l'elemento più grave e tragico che può essere rapporta anche ai giorni nostri in quanto molti giovani si perdono e non riescono a vivere sino in fondo la propria vita.
Da cosa è maturata la scelta di rappresentare il romanzo di Fiori?
Soprattutto dalla possibilità di fare di questo romanzo un film per lo schermo, il romanzo ha una suddivisione in atti che sembra quasi pensata per un racconto cinematografico, c'è un eroe, un antieroe e una serie di delitti che fanno pensare al cinema. Fiori amava molto il cinema e ha fatto per molti anni il critico cinematografico, aveva continuato a frequentare il cinema da appassionato. Quando gli ho parlato poco prima che morisse della realizzazione del film da un suo libro era contento.
La tematica del banditismo ritorna prepotentemente sulla scena del cinema sardo. Non c'è il rischio che la nostra terra venga presentata secondo i soliti "luoghi comuni"?
Questa è una preoccupazione solo dei sardi. Il film da una rappresentazione di una parte della Sardegna. La Sardegna non è riconducibile solo sotto questo aspetto, c'è una Sardegna urbana, che spesso è raccontata molto bene dal cinema di Enrico Pau, proprio ora è al cinema il suo ultimo lavoro "Jimmy della collina" che parla di Cagliari e dell' hinterland. Quando ho presentato il mio film all'estero la gente era curiosa di conoscere il mondo sardo e non giudicano i sardi come banditi. Non c'è la preoccupazione che possano prenderci tutti per banditi.